“”SIAMO SALVI”, L’ITALIA DEI MIRACOLATI”, di Jacopo Iacoboni

Jacopo Iacoboni da La Stampa del 30 agosto 2011

Chì si salva dalle tragedie, scriveva Primo Levi, prova quasi vergogna, sì vergogna di essersi salvato. Chi si salva dalle farse incassa felice e contento, prende i soldi e scappa. E sono tanti quelli che, adesso, scappano. Nell`ultima versione finora pervenuta della manovra colpisce la fiorente schiera dei miracolati, quelli che l`hanno scampata, la vasta tribù italiana che auspica sempre sacrifici, però per gli altri, e se invoca rigore è per reclamare un penalty, negato alla squadra del cuore dall`arbitro, sempre cinico e baro. Dispiace dirlo così brutalmente ma è un vizio che tra l`altro ci rispecchia, siamo fatti anche così, chiediamo sacrifici, ma sempre al prossimo, pretendiamo un impegno straordinario per il Paese, certo, ma cominci il nostro vicino di casa, vogliamo mettere al sicuro i conti, ci mancherebbe altro, ma non ci togliete il doppio incarico. Noi anche faremo quel che si deve, naturalmente. Ma per via costituzionale.

Dando tempo al tempo.

Aspettavamo un contributo di solidarietà, pronti eventualmente a pagarlo, il contributo era stato diluito dagli iniziali e forse iniqui novantamila euro, si era ipotizzato di farlo pagare solo a partire dai 150mila, l`ultima ipotesi era pretenderlo soltanto dai duecentomila euro in su.

Alla fine non lo pagherà nessuno.

Raccontano che il premier abbia det- to «non tasserò mai i ricchi». E tutti intorno: amen.

Anche perché pensavano di averlo evitato pure i parlamentari, che invece resteranno gli unici a doverlo scucire. In fondo è l`unico piccolo tributo chiesto al- l`estesa burocrazia dei politici di mestiere, che per il resto la fanno franca alla grande.

La fanno franca in un certo senso le province – presidente, vicepresidente, consigli, autoblu -, verranno abolite, sì, ma con legge costituziona- le, il cui iter è più lungo della durata restante di questo governo, quand`anche arrivasse a fine legislatura. Leggiamo che i parlamentari saranno dimezzati e per un istante ci crediamo, un secondo dopo apprendiamo che anche qui l`iter sarà costituzionale, in sostanza non se ne farà nulla con ogni probabilità fino alla prossima legislatura, quando eventualmente toccherà ad altri imporre l`odiosa sforbiciata.

Vogliamo tagliare, naturale, ma comincino gli altri. Più che a competere, siamo interessati a compiacere, darci di gomito, sussurrare complici all`amico miracolato pure lui: siamo vivi, per un pelo, anche stavolta. E le virtù, quando le esibiamo, sono comunque differibili. In fondo la parola stessa ci sa di moralismo.

La manovra dell`armiamoci e partite sancisce questa immemore inclinazione nazionale, il mandare avanti sempre e per definizione gli altri, qualche sfigato, il tutti-ma-non-io, gli sfortunati (pochi) non protetti all`italiana.

Sarebbe facile puntare il dito contro i calciatori ricchi e privilegiati, che però potrebbero pagare lo stesso la supertassa (come i parlamentari), per via di un emendamento chiesto in extremis dalla Lega, e potrebbero esser colpiti attraverso la stretta sull`elusione (sulle società di comodo, per esempio, alle quali spesso sono intestati beni come yacht e macchine potenti). Ma è anche cattiva retorica prendersela sempre contro i miliardari viziati-privilegiati-strapagati.

Forse più illuminante è constatare che non si riesce a far nulla neanche nel campo di quelle che pomposamente la politica di questi mesi chiamava le «razionalizzazioni». Per dire, si è rivelato impossibile accorpare piccoli comuni. I tagli, che dovevano essere tra i 4 e i 5 miliardi, alla fine saranno solo di due. Le funzioni saranno accorpate, si, ma dal 2013 (tanto comunque vada quell`anno si rivota, e si ridiscute tutto). Nel frattempo restano i sindaci (con annesso stipendio), e pure i consigli comunali, anche se un po` ridotti, e senza gettone per i loro membri. Se proprio la scure arriva, sia sempre e comunque la testa più debole a cadere per prima.

Siamo innegabilmente furbi, così furbi da combattere sottotraccia per i nostri privilegi, e meno ci si vede, più combattiamo e ci arrocchiamo. In questi giorni s`era parlato poco di regioni a statuto speciale, adesso leggiamo che la nota del governo contiene una frase sibíllína, «è prevista la riduzione de1l`ímpatto della manovra per comuni, province, regioni e regioni a statuto speciale».

In sostanza hanno salvato la pelle anche le celebri minoranze etniche, in questo italianissime. Tra di loro anche qualcuno cui tra l`altro deve qualcosa la sopravvivenza del governo.

Rimandando sine die l`intervento sulle province, si salvano i professionisti del doppio incarico, presidenti di provincia che possono restare deputati, o membri di consigli d`amministrazione.

Secondo Linkiesta, più della metà dei parlamentari leghisti hanno un doppio incarico, che così, bellamente, nessuno gli toccherà.

Succede a Como, Brescia, Biella, Bergamo, nel Verbano-Cusio-Ossola, doppi incarichi tra provincia e Parlamento come anche tra provincia e numerosi, succulenti cda, di società di utilities, aeroporti, autostrade, ovviamente la Rai… Non sono neanche più miracolati, questi: sono esteti del doppio binario all`italiana (alla padana è lo stesso).

Il segretario del Pdl Alfano aveva prudentemente anticipato due giorni fa che la Chiesa appartiene di diritto a questo elenco che non viene toccato, «tentare di penalizzarla – ha spiegato Angelino – significa far del male alla nostra gente e, soprattutto, alla gente più indifesa». Il contributo curiale alle casse dello stato resta l`invito a com- battere l`evasione fiscale.

«A spese nostre? Macché», avrebbe detto il geniale Corrado Guzzanti di «Avanzi», «a carico vostro!», così scolpendo il senso di ciò che, inesorabilmente, avviene in Italia quando si deve scegliere chi paga. Nel suo discorso politico più celebre (e retoricamente citato) Churchill disse «non ho altro da offrire che sangue, fatica, lacrime e sudore». Nell`elaborazione travagliata ma quanto italiana della legge dì bilancio di questo governo dev`esser stata più utile un`altra sua massima, «ho dato le dimissioni, ma le ho rifiutate».

Informazioni su QuintoStato

Corro, leggo, scrivo, racconto. Negli anni ho svolto un percorso che ha intrecciato attività politica, professionale, didattica e di ricerca. Laureato nel 1997 in Storia contemporanea a Bologna, ho conseguito successivamente il dottorato in Storia Costituzionale e Amministrativa presso l’ateneo di Pavia e svolto attività di ricerca per l’Università di Modena e Reggio Emilia. Ho pubblicato sei monografie, curato volumi, mostre e allestimenti museali sulla storia del Novecento e pubblicato una ventina di saggi e articoli su riviste scientifiche e annali di storia contemporanea. Sono autore di spettacoli teatrali e history telling. Sono dipendente della Regione Emilia-Romagna.
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