“Il nodo da tagliare” di ANTONIO POLITO dal Corriere della Sera del 9 dicembre 2011

Esattamente vent’anni fa, in un altro weekend di dicembre, l’Europa della moneta nasceva a Maastricht. Può morire oggi a Bruxelles. Gli esperti dicono che l’ora più nera nei vertici dell’Unione è sempre un attimo prima dell’alba: i politici accettano compromessi solo sul ciglio del burrone. Speriamo che anche stavolta la luce del sole dissolva l’incubo. Ma a Maastricht c’erano solo 12 Paesi, adesso se ne contano 27. E stamattina, se l’edificio non sarà crollato prima, si dovrebbe solennemente aggiungere il ventottesimo, la Croazia. Solo per fare un giro di tavolo, ci si mette un paio d’ore. E i mercati asiatici riaprono prima dell’alba.
In questi vent’anni l’Europa è cresciuta di peso e di altezza, ma lo scheletro e la testa sono rimasti quelli di allora: lo imponeva l’ambiguità di fondo del progetto, nato per nascondere la forza della Germania e la debolezza della Francia. Ciò che è cambiato è l’euro: dotandosi di una moneta unica, l’Europa ha voluto giocare la sua partita tra i pesi massimi del mondo, e c’è riuscita. Però per combattere a quel livello bisogna avere riflessi pronti, movimenti agili, unità d’intenti. L’Europa di oggi non ce l’ha. Per questo traballa sotto i colpi del mercato, e non riesce a reagire.
Cosicché nel drammatico vertice apertosi ieri e destinato a finire chissà quando, il nodo è arrivato al pettine: per salvare l’euro potrebbe essere necessario sacrificare l’Europa, o viceversa. Germania e Francia dicono infatti di sapere che fare per spegnere l’incendio dell’Acropoli e i focolai del Colosseo: centralizzare il comando. Ma non sanno come imporlo agli altri. In particolare a Cameron, il premier inglese, che ieri sera ha detto chiaro e tondo di essere disposto a cambiare i Trattati secondo il volere franco-tedesco solo se in cambio gli ridanno il suo potere di veto sui regolamenti finanziari che danneggiano la City. Nordici e scandinavi, dal canto loro, farebbero volentieri a meno del tallone teutonico.
Berlino e Parigi hanno il loro piano B: lasciare il tavolo dell’Europa a 27 e riunirsi da soli con i 17 dell’euro. Riscrivere così le regole che possono estendere la disciplina di bilancio tedesca a tutta l’area e alzare i necessari muri anti-incendio che possono salvare la moneta. Ma sanno anche che così seppellirebbero, insieme al sogno dei padri fondatori, le istituzioni europee (Parlamento e Commissione) e numerosi elementi del mercato unico. Non sarebbe più un’Europa a due velocità, che nei fatti già c’è. Sarebbero due Europe. Cioè nessuna, perché non esiste il plurale di Europa.
Che fare? Scegliere la borsa, cioè l’euro, o la vita, cioè l’Europa? Si può star certi che i leader europei estenueranno la trattativa alla ricerca di una terza via. È sconsigliabile. Non c’è più trucco che possa convincere né i mercati in tempesta né gli elettori terrorizzati. Meglio tagliare finalmente il nodo. Qualunque sia la soluzione, due cose devono essere chiare entro lunedì: chi è al comando e di quanti soldi dispone.

“Il nodo da tagliare” di ANTONIO POLITO dal Corriere della Sera del 9 dicembre 2011

Informazioni su QuintoStato

Corro, leggo, scrivo, racconto. Negli anni ho svolto un percorso che ha intrecciato attività politica, professionale, didattica e di ricerca. Laureato nel 1997 in Storia contemporanea a Bologna, ho conseguito successivamente il dottorato in Storia Costituzionale e Amministrativa presso l’ateneo di Pavia e svolto attività di ricerca per l’Università di Modena e Reggio Emilia. Ho pubblicato sei monografie, curato volumi, mostre e allestimenti museali sulla storia del Novecento e pubblicato una ventina di saggi e articoli su riviste scientifiche e annali di storia contemporanea. Sono autore di spettacoli teatrali e history telling. Sono dipendente della Regione Emilia-Romagna.
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